lunedì 24 marzo 2008

Viaggio al Termine della Notte (o passeggiata prima dell'alba fino alla Stazione Centrale)

Tutto è iniziato alle quattro del mattino. Un orario sexy per svegliarsi, vestirsi, aspettare un maledettissimo tram. Vabè, ho pensato, a qualsiasi ora, in questi giorni, per strada ci saremmo stati solo noi.
Invece no, qualcuno c'era. Va detto che eravamo gli unici bianchi, in giro.
C'era anche un allegro gruppo di neri che è salito sul tram, tutti vestiti a festa; e giù, nel Viale, tanti altri che li salutavano allegramente. Quanta vita, per essere quasi le cinque del mattino! Ma cosa cazzo avevano fatto?
Siamo arrivati, ma dato il panorama la parola giusta probabilmente è "atterrati", poco dopo le cinque del mattino alla Stazione Centrale. M'è venuto da pensare a quei tizi che si fanno saltare il cervello nei rave party, su a Segrate, in questi giorni.
Ogni tanto scappa il morto, ma sanno come divertirsi. E poi c'è una bella atmosfera, le foto le prendono sempre verso l'alba in questi capannoni industriali dismessi che hanno già un loro fascino. In più c'è l'aria delle cose appena finite: la folla ha copulato, ora fuma la classica sigaretta.
Qualche fanatico, da qualche parte, aveva anche aperto un Forum pieno solo di immagini di posti del genere: si chiamava La Zona, come quella del film di Tarkovskij. Davvero splendido.
Insomma, la accompagno al suo onesto autobus - caricando il suo decisamente poco amichevole bagaglio:
"cosa cazzo c'è qui dentro, mattoni?"
"Più o meno". Erano libri di Fisica.
Poi, con l'ebbrezza di chi ha saltato a piedi uniti una nottata di sonno (no, è scientificamente provato, si è proprio ubriachi), le mie letture mi confondono l'identità. Ma per adesso ero contento. Albeggiava, il tram era arrivato, mi siedo e ascolto il napoletano ubriaco/asmatico/disturbato che chiede al conducente i sei modi per arrivare al capolinea del 29. ERAVAMO sul 29.
Ho pensato che avrei potuto prendere un cappuccino d'orzo, appena arrivato. Buono. Poi mi sarei messo a leggere. C'era una certa leggerezza, nell'aria, tutto m'è sembrato semplice e lineare. Sono l'investigatore privato più dritto di Los Angeles.
Il cappuccino d'orzo fa schifo, c'era un'oliva per terra, il libro di Statistica era aperto sul tavolo.
Non sono un investigatore, non siamo a Los Angeles, e ho sonno.
Succede, ma da domani guarderò l'ubriacone sul tram con un occhio diverso. Me l'ha insegnato Bukovskij.

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