martedì 12 febbraio 2008

454 Giorni fa moriva Milton Friedman


Come si può intuire facilmente, non si tratta di una ricorrenza particolare. L'unico spunto è, al più, la lettura di un saggio di Antonio Martino (proprio lui! Ma non stupitevi: anche Henry Kissinger ha scritto saggi interessantissimi, anni dopo aver favorito il golpe militare in Cile!), una specie di "biografia intellettuale di un maestro".
Non mi fermerò, qui, ad analizzare l'opera di uno dei più grandi scienziati sociali di sempre, la cui produzione scientifica è stata di insostituibile valore anche per i colleghi che lo consideravano un avversario dal punto di vista politico. Mi interessa, qui, la fortuna del personaggio, la sua figura nell'immaginario collettivo - se vogliamo chiamarla così, è poetica dell'incomprensione.
Incomprensione perchè, per citare un episodio tra i più significativi, l'attribuzione del Premio Nobel a MF fu non solo criticata a bassa voce negli ambienti progressisti dell'epoca (era il 1976), ma in quasi tutto l'Occidente vi furono anche manifestazioni pubbliche - di piazza - per manifestare dissenso e/o disappunto per la scelta dell'Accademia svedese.
Oggi, inizia a farsi timidamente strada l'idea che "il liberismo è di sinistra", cioè è progressista, è umano; addirittura qualcuno inizia a ricordare che noi italiani, per colpa di un certo Benedetto Croce, siamo gli unici a usare una parola per "liberale" e una per "liberista", creando due concetti semantici laddove ve n'era uno solo, per assecondare il bizantinismo lessicale di un filosofo che, del liberalismo, aveva una visione del tutto particolare.
Alla luce di questa acquisita consapevolezza, ci sembra chiaro quale potrà essere il ruolo dei conservatori di ogni risma, oggi: Statalismo, Discriminazione, Classismo, Religione.
Cos'è un conservatore può ricordarcelo, se serve, F. A. Von Hayek:

il conservatorismo è naturalmente incapace di offrire un'alternativa alla direzione verso cui muoviamo. Può riuscire, grazie alla sua resistenza alle tendenze correnti, a rallentare gli sviluppi indesiderabili, ma, dal momento che non indica un'altra direzione, non può impedire che continuino. E' per questa ragione che il destino del conservatorismo è stato quello di essere trascinato su una via non di sua scelta. Il braccio di ferro tra conservatori e progressisti può solo influire sulla velocità, non sulla direzione, degli sviluppi contemporanei.

Questo, ovviamente, significa che i conservatori sono i più relativisti di tutti, negli schieramenti politici: lo sosteneva già, se non erro, un tale Edmund Burke. Per proseguire nel nostro ragionamento, però, occorre ricordare che il concetto stesso di "progressista" e "conservatore" dipende moltissimo dalla percezione del pubblico. Ad esempio, e continuo ad andare nella direzione del punto, i socialisti e i comunisti del secondo dopoguerra, in Occidente, hanno svolto il ruolo dei progressisti. Indipendentemente dalla condivisibilità di parte o tutte delle loro proposte, loro erano I progressisti. Ma non si capisce dai loro programmi del tempo, bensì dalla residualità di quelli dei loro avversari.
In tutta l'Europa Occidentale, le sinistre non hanno avuto quasi mai in mano il Governo, o ci sono andate ciclicamente (come i socialdemocratici tedeschi): ma non c'è bisogno di un teorico dei giochi per affermare che il loro "governo-ombra" s'è fatto sentire eccome. L'aumento dei servizi e dei trasferimenti - il welfare state - i diritti civili, i diritti politici, sono tutte battaglie condotte "da sinistra", e che sono progredite incessantemente, anche in paesi in cui la sinistra, al Governo, c'è stata raramente, e solo in casi eccezionali e comunque molto brevi (si veda, tipicamente, l'Italia, o la Francia).
E adesso torniamo al 1976, manifestazione di piazza contro Milton Friedman in qualche città europea. Perchè Milton Friedman era visto come un conservatore può adesso apparire più chiaro: bastava il suo progressismo "alieno" a quello mainstream. La sua abissale distanza dal socialismo di matrice statalista lo rendeva inadatto a figurare nel novero degli "amici del progresso".

Oggi, il pensiero di MF fatica a essere etichettato di conservatorismo, sebbene sopravvivano ancora molto forti pregiudizi sul suo pensiero da parte di persone che han letto un articolo su un saggio su un capitolo di "Capitalismo e Libertà". La percezione della residualità delle idee dei "nuovi conservatori" (per l'appunto, siano essi statalisti o baciapile, classisti o razzisti) comincia a farsi strada e la parola "rendita" comincia a diventare più fosca della parola "concorrenza". Non so quanto tempo sia necessario perchè le teorie politiche del Nostro abbiano lo stesso destino delle sue teorie scientifiche, ossia l'accettazione quasi unanime della comunità e il ringraziamento eterno per il contributo. Per adesso urge un'opera di demistificazione, contro chi dipinge un Milton Friedman anarco-capitalista (nella migliore delle ipotesi), o "amico dei padroni" (nella più ridicola delle ipotesi).

PS: urge UNA, una soltanto, piccola demistificazione. Friedman non ha mai considerato "eticamente deprecabile" l'intervento dello Stato. Il suo ragionamento, molto più pragmatico, nasce dalla paura dell'arbitrarietà che discende dal "governo illimitato" conferito dalle moderne istituzioni democratiche - e quindi universalmente legittimate. A differenza di molti altri liberali classici, Friedman è forte sostenitore dell'intervento statale nell'istruzione e nella riduzione delle disuguaglianze, seppure nelle forme dei trasferimenti e non in quella dell'offerta diretta da parte dello Stato. Della quale, giustamente, non intravedeva la necessità, ma comprendeva i limiti: vedi l'impostazione delle scuole e delle università statali sotto il regime fascista, e l'eccezione delle università private.

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